La protezione dei lavoratori e delle aziende all’estero
La recente condanna dei dirigenti dell’azienda Bonatti di Parma, nota per la tragica morte di due tecnici in Libia, solleva interrogativi sul livello di preparazione delle aziende quando si tratta di inviare i propri dipendenti all’estero al fine della prevenzione di rischi.
Per quanto riguarda la sicurezza dei lavoratori all’estero, si nota spesso una mancanza di consapevolezza, specialmente nelle piccole e medie imprese (PMI) che, nonostante siano leader in termini di tecnologia e qualità, operano in luoghi remoti in tutto il mondo senza attuare le misure che le grandi aziende hanno adottato da tempo. Queste grandi aziende hanno riconosciuto l’importanza della tutela delle risorse umane in tutte le situazioni di lavoro all’estero, applicando politiche di sicurezza che accompagnano il lavoratore dall’inizio alla fine della missione.
Un approccio moderno alla prevenzione non può ignorare il cambiamento del mondo negli ultimi dieci anni. Le distanze sembrano essersi accorciate grazie alla globalizzazione, ma oggi dobbiamo considerare i mutati scenari, come il terrorismo, i disordini socio-economici sempre più frequenti, la criminalità organizzata che spesso prende di mira gli stranieri in alcuni paesi, e i disastri climatici sempre più frequenti.
La tutela dei lavoratori è fondamentale, ma non è l’unico aspetto da considerare. Gli specialisti in sicurezza devono valutare gli impatti reputazionali e la possibile perdita di dati e informazioni preziose quando i lavoratori sono all’estero.
In materia di sicurezza, non sempre ci sono regolamenti specifici e vincolanti, come nel caso della “travel security” (sicurezza dei lavoratori all’estero), ma non possiamo ignorare il dovere generale di protezione stabilito dall’articolo 2087 del Codice Civile e i requisiti del Decreto 81/08 sulla valutazione dei rischi, la formazione dei lavoratori e l’idoneità alla mansione. Inoltre, il Decreto Legislativo 151/15 e il Decreto Legislativo 231/01 impongono la garanzia di un adeguato standard di sicurezza per i lavoratori in missione all’estero.
La valutazione dei rischi deve considerare le situazioni particolari in cui i lavoratori possono essere esposti, e le soluzioni non possono basarsi solo su fonti tecniche e scientifiche consolidate, ma devono essere adattate alle esperienze internazionali. È necessario coinvolgere figure con competenze specialistiche che possano integrare le conoscenze operative delle imprese.
La valutazione dei rischi deve essere dinamica e tenere conto degli aggiornamenti e delle specifiche delle missioni. La recente condanna nel caso Bonatti dimostra che la mancanza di prevenzione nella “travel security” è spesso legata a problemi organizzativi.
La formazione è importante, ma non sufficiente da sola. È necessario un approccio manageriale con competenze di sicurezza e responsabilità specifiche per le missioni all’estero. La pianificazione accurata delle missioni è essenziale per definire misure preventive ed evitare incidenti.
I costi legati alla sicurezza devono essere considerati attentamente, poiché le conseguenze della mancanza di sicurezza possono essere gravi sia moralmente che economicamente. È più vantaggioso prevenire i rischi piuttosto che affrontarli quando si sono già verificati.
È necessario un approccio organizzativo che coinvolga figure di back office con responsabilità specifiche e deleghe operative. In caso di emergenza, è fondamentale avere un piano di emergenza e recupero, oltre a coperture assicurative adeguate.
La “travel security” è un problema complesso che richiede competenze specializzate e un approccio completo per garantire la sicurezza dei lavoratori all’estero. Le aziende, comprese le PMI, devono seguire gli standard più avanzati per garantire la sicurezza in contesti internazionali complessi.