Come affrontare il primo soccorso pediatrico – parte 1

I suggerimenti per affrontare le principali situazioni di emergenza e il primo soccorso per i bambini.

Cosa fare in caso di necessità di primo soccorso pediatrico?
Come reagire quando un bambino o un lattante si trova in una situazione di emergenza?

Ecco le linee guida e alcune tecniche di base per gestire le problematiche sanitarie più comuni che possono verificarsi durante l’infanzia.

LA PREVENZIONE PRIMA DI TUTTO

La Prevenzione degli infortuni

Come genitori, siete coloro che conoscono meglio il vostro bambino e potete aiutarlo nelle situazioni in cui si fa male o si trova coinvolto in un incidente o è malato. Ricordate che la prevenzione degli infortuni è la cosa più importante che potete fare per proteggere i vostri figli.

I dati ufficiali dell’UNICEF e dell’OMS (novembre 2011) parlano di migliaia di bambini vittime di infortuni e di 2300 bambini morti ogni giorno per incidenti. Il 90% di questi casi riguarda i bambini dei Paesi più poveri, ma nei Paesi occidentali gli infortuni sono responsabili del 40% delle morti dei nostri bambini. Le prime 5 cause di morte sono:

  • incidenti stradali
  • annegamento
  • ustioni
  • cadute
  • avvelenamento

Osservate l’ambiente in cui il bambino si muove con i suoi occhi: è curioso, è un esploratore, voi dovete proteggerlo senza limitarlo e senza seminare paure. Se nonostante le vostre attenzioni accade un incidente: mantenete la calma, osservate, intervenite.

CONSIGLI E RACCOMANDAZIONI

In caso di ustioni

Le ustioni sono lesioni provocate da agenti termici come fuoco o liquidi caldi con un’elevata temperatura. La gravità dell’ustione si valuta in base a:

  • estensione: se l’ustione coinvolge più del 10% della superficie corporea, è necessario il ricovero;
  • profondità: può essere di primo grado (arrossamento della pelle e dolore), secondo grado (arrossamento con formazione di vescicole, bolle e dolore) o terzo grado (coinvolgimento di tutti gli strati della pelle e dei suoi annessi, presenza di croste e fondo nerastro e perdita di sensibilità dolorifica);
  • localizzazione: il volto, le mani, i piedi e i genitali sono zone a rischio di complicazioni maggiori.

Se l’ustione è di primo o secondo grado, e se non coinvolge zone a rischio di complicazioni e non ci sono altri fattori aggravanti, è possibile trattarla a casa:

  • rimuovere i vestiti (se non adesi alla pelle);
  • raffreddare la zona lesa con acqua fredda corrente per almeno 15 minuti;
  • disinfettare con soluzione fisiologica;
  • non svuotare le vescicole integre (proteggono dal rischio di sovrainfezioni);
  • applicare crema eutrofica nel caso di ustioni di primo grado; coprire con garze grasse sterili (garze di Fitostimoline) e sentire il pediatra per valutazione e terapia nel caso di ustioni del secondo grado;
  • Monitorare estensione e profondità per le successive 24-48 ore.

La valutazione accurata dell’estensione di un’ustione deve prevedere l’esame di tutta la superficie corporea: il bambino dovrà essere interamente spogliato e si dovrà attribuire ad ogni area lesa una determinata percentuale con l’aiuto di tabelle specifiche.

Una “regola” piuttosto semplice per il calcolo della percentuale di superficie corporea interessata è la “regola del nove” modificata per il bambino: ad ogni segmento di superficie corporea viene attribuita una %; la somma di queste percentuali indicherà la percentuale totale di superficie corporea interessata dall’ustione.

Un metodo più semplice ed immediato per calcolare l’estensione di una ustione è invece il seguente:
Si considera che il palmo della mano del soggetto sia corrispondente all’1% della sua superficie corporea.

Trauma cranico

Il trauma cranico è un evento molto comune nell’infanzia. Se la dinamica del trauma non è preoccupante (altezza della caduta, superficie di impatto, perdita di coscienza, incidente stradale, investimento di ciclista o pedone), il bambino piange e si calma facilmente, e se c’è un episodio di vomito dopo un pianto intenso con ritorno al comportamento normale, è sufficiente l’osservazione a casa.

In caso di trauma cranico?
La principale misura da attuare è quella dell’osservazione.
In particolare possiamo distinguere una osservazione immediata e una osservazione a distanza.

Osservazione immediata
Nella “osservazione immediata” bisognerà porre attenzione a tre aspetti:

  1. se c’è stato pianto immediato dopo il trauma: la presenza di un pianto pressoché immediato è un indice prognostico positivo mentre l’assenza di pianto del bambino dopo un trauma potrebbe essere, se unito ad altri fattori, un fattore prognostico negativo;
  2. identificazione di un “trauma ad alta energia”: è necessario distinguere i traumi più banali dal punto di vista della dinamica, dai traumi più significativi;
  3. È poi opportuno porre attenzione alla eventuale presenza di fattori di rischio personali ed individuali quali per esempio malattie della coagulazione o ridotto numero di piastrine (piastrinopenia).

Osservazione a distanza
L’osservazione a “distanza” è una osservazione che viene posta nelle prime ore successive ad un trauma cranico. In particolare essa è da svolgersi principalmente nelle prime 6 ore dal trauma; in alcuni casi si potrà prolungare l’osservazione a 24 – 48 ore del trauma in presenza di fattori predittivi di trauma cranico ad alto rischio.
Scopo dell’osservazione a distanza è identificare precocemente la comparsa di segni neurologici di allerta.

Ecco a quali segni e sintomi bisognerà pertanto porre particolare attenzione:

  • Cefalea: dopo un trauma cranico la presenza di cefalea (mal di testa) potrebbe essere frequente. Non sempre la cefalea risulta un segno di allarme. Questo sintomo deve destare maggiore preoccupazione quando si manifesta:
    • a maggiore distanza temporale dall’evento traumatico;
    • quando è “ingravescente”, cioè peggiora progressivamente di intensità;
    • quando non risponde ai comuni antidolorifici (ad es. tachipirina).
  • Sonnolenza eccessiva: la presenza di una sonnolenza eccessiva, diversa dall’abituale e/o la presenza di un sonno molto profondo da cui sembra difficile risvegliare il bambino possono essere segni a cui porre attenzione.
  • Comportamento anomalo o particolare irritabilità: (ad esempio un pianto inconsolabile o un pianto insolito ripetuto) dovranno essere dei segni a cui porre attenzione soprattutto nel bambino di età inferiore ai 2-3 anni, quando la capacità di comunicazione di un sintomo attraverso il linguaggio potrebbe essere più difficoltosa.
  • Difficoltà nell’eloquio o nei movimenti: l’osservazione del bambino dovrà inoltre comprendere anche come si muove e come parla.
  • Convulsioni: l’insorgenza di convulsioni (non febbrili) a distanza da un trauma cranico deve far porre il sospetto di una lesione intracranica.
  • Vomito: Il vomito, insieme alla sonnolenza, è uno dei segni che più preoccupa i genitori dopo un eventuale trauma cranico. In realtà il vomito, se segue immediatamente il trauma, nella maggior parte dei casi è legato allo spavento e al pianto del bambino.

Sarà invece opportuni elevare il grado di allerta se:

  • il vomito compare alcune ore dopo il trauma;
  • il bambino presenta episodi ripetuti e di vomito incoercibile (non si riesce a fermare).

Traumi ed ematomi

Per capire la gravità di un trauma osteo-articolare, molto spesso è sufficiente osservare il bambino: sarà lui stesso il miglior “termometro” della situazione.
Risolto in pochi minuti il problema dello spavento, molto spesso ricomincia a correre e a saltare come o più di prima. In questo caso non serve fare nulla, salvo la gestione di eventuali ferite (vedi paragrafo “Ferite”).

In alcune situazioni il piccolo potrebbe:

  • mantenere fermo (o addirittura immobile) l’arto coinvolto, continuando ad usare normalmente tutto il resto del corpo;
  • non riprendere l’attività che stava svolgendo prima del trauma;
  • impedire a chiunque di toccargli o muovergli l’arto coinvolto.

In termini tecnici questa si chiama impotenza funzionale, termine che rappresenta molto bene il concetto: l’arto resta escluso e non si usa per nessuna ragione.
In questi casi il bambino trova una posizione di comfort (qualunque essa sia) per l’arto interessato. Questo gli permette di limitare il dolore, per cui impedirà a chiunque di avvicinarsi.

Cosa fare?

In caso di trauma senza impotenza funzionale:

  • applicare ghiaccio nella sede del trauma (attenzione: mai a contatto diretto con la pelle) per ridurre il gonfiore e alleviare il dolore;
  • condurre il bambino dal pediatra, se i sintomi permangono.

In caso di trauma con impotenza funzionale:

  • lasciare l’arto nella posizione di comfort individuata dal bambino;
  • sostenere la posizione di comfort con cuscini o fasce, qualora non fosse agevole per il bambino mantenerla in autonomia;
  • accompagnare il bambino in Pronto Soccorso.

Cosa non fare:

  • Non eseguire alcuna manipolazione dell’arto o dell’articolazione.
  • Non cercare di far muovere l’arto traumatizzato.

In caso di ingestione accidentale di farmaci o prodotti di altro tipo

È fondamentale la prevenzione, tenendo conto dell’abilità del bambino di raggiungere tutto ciò che lo incuriosisce e di ingerire ciò che ha visto ingerire dalla mamma, dal papà o dai nonni.

Nel caso di un’avvenuta ingestione sospetta:

  • non prendere nessuna iniziativa: non farlo vomitare, non fargli bere latte né altro o dargli da mangiare;
  • se in fase acuta il bambino non presenta sintomi, telefonare subito al Centro antiveleni (Ospedale Niguarda 02 66101029); nel caso di ingestione è importante avere a disposizione la confezione del farmaco o del prodotto ingerito e sapere riferire all’incirca la quantità che sospettate abbia ingerito. Se in fase acuta il bambino risulta sintomatico, effettuare la chiamata al NUE 1-1-2.

In caso di epistassi

Si tratta di un’emorragia nasale del bambino, più spesso anteriore (parte antero-inferiore del setto nasale).

Le cause locali possono essere:

  • rinite allergica;
  • infezioni nasali;
  • traumi;
  • corpi estranei;
  • manovre digitali di pulizia del naso.

Non sono necessarie indagini nelle epistassi occasionali o di modeste entità.

Ecco come comportarsi:

  • tenere il bambino in posizione eretta, con il capo leggermente reclinato in avanti per evitare che il sangue scenda nella faringe;
  • se il bambino ne è capace, fargli soffiare il naso in modo robusto. Si espellono così eventuali piccoli coaguli che farebbero poi ripartire l’epistassi;
  • comprimere tra pollice e indice le ali del naso, sul setto, per circa 10 minuti;
  • se l’emorragia persiste, recarsi in ospedale perché venga effettuato un tamponamento nasale anteriore.

Anche le epistassi ricorrenti in genere si fermano da sole e solo raramente indicano una patologia sottostante. Uno specialista otorinolaringoiatra consiglierà il trattamento più idoneo.