Mattarella, lavorare non è morire

D’accordo, ma serve concretezza!

Chi ha a cuore la Sicurezza sul Lavoro non può non apprezzare la continua attenzione dedicata dal Presidente Mattarella, tuttavia mi sovviene la nota massima di Albert Einstein “Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose“.

Nel paese dove “le leggi per gli elettrauti le fanno i cardiochirurghi e quelle per i cardiochirurghi sono fatte dagli elettrauti” (cit.) è alto il rischio di ricadere sempre nello stesso approccio disfunzionale, magari inasprendo le pene senza creare i presupposti di attuazione ed equo controllo. Così non si fa altro che aumentare scollamento ed avversione!

Il rischio è quello di non considerare il rapporto malato tra lo Stato e i suoi cittadini (che di fatto sono gli attori della questione) dove l’idiosincrasia ormai cronica verso norme e burocrazia (concetti spesso confusi) ha indotto forme di “autodifesa“, di repulsione.

La Cultura della Sicurezza o meglio della insicurezza fatalistica spesso contagia anche le grandi aziende attraverso il meccanismo dei subappalti. Chi vive il problema in prima linea sa bene che per le numericamente prevalenti PMI e micro imprese é oggettiva la difficoltà di applicazione sistemica e concreta delle norme già esistenti.

Alla base di tutto c’è a mio avviso un sostanziale problema di competitività del nostro sistema produttivo, inficiato ad esempio dalla carenza di infrastrutture, a livello stridente nelle aree più industrializzate.

Non bisogna arrendersi e la Prevenzione deve restare una priorità, ma con sano realismo credo che la Sicurezza richieda investimenti per i quali le imprese debbano trovare condizioni di equilibrio economico e di rendimento del capitale che tolgano ogni alibi a chi persegue questi obiettivi barando.

Sia chiaro, non trovo alcuna giustificazione per chi specula risparmiando in Sicurezza, ma quando tutti parlano della necessità di un “cambiamento culturale”, per efficacia bisognerebbe partire da una chiara comprensione delle dinamiche di contorno, con la giusta dose di cinismo se necessario.

Insomma, credo sia essenziale trovare il modo di collegare la Sicurezza all’economia di impresa in modo diretto e proporzionale e non solo con sanzioni ed incentivi che in Italia diventano “randomici”, affinché diventi un obiettivo aziendale interessante secondo l’approccio italico di cui sopra.