L’approccio scientifico alla sicurezza I REV_2024
I – L’approccio scientifico alla sicurezza
Una riflessione sul concetto di sicurezza è doverosa. Talvolta diamo per acquisito il significato del termine sicurezza e spesso vi è confusione o incertezza sulla sua definizione. Negli incontri formativi o nei convegni, domando a bruciapelo: cos’è la sicurezza? Ricevo risposte imbarazzate, se le ricevo, e spesso lontane da ciò che forse è la vera essenza della sicurezza.
Ciò è grave, in quanto le persone con cui parlo sono addetti ai lavori; ma se non riusciamo a definire la sicurezza, come possiamo dichiararci esperti di sicurezza?
“Un bacio è un apostrofo rosa fra le parole t’amo” scriveva Rostand, ed indubbiamente essa è una frase molto bella e poetica. Ma se faccio l’infettivologo avrò bisogno di una definizione operativa diversa per ottenere risultati sul piano pratico. Magari il bacio sarà il “contatto della mucosa labiale con un’altra superficie”.
Con la sicurezza è la stessa cosa: dobbiamo avere una definizione operativa efficace per essere efficaci.
Con questo articolo desidero dunque esporre qualche idea, per contribuire ad una riflessione sull’argomento.
Cos’è la sicurezza
Il concetto di sicurezza è particolarmente presente nelle nostre vite e, probabilmente, è l’occupazione fondamentale di chi sta leggendo queste righe. Il termine “sicurezza” è diffusamente impiegato in numerosi contesti: oltre la sicurezza nei luoghi di lavoro, in ambito sociale vi è un requisito di sicurezza pubblica, collettiva ed economica, o addirittura di sicurezza nazionale; a livello individuale un desiderio di sicurezza affettiva, la necessità di sicurezza nella vita quotidiana: in casa, nei trasporti, e così via.
Esiste un denominatore comune di tutte queste “sicurezze”? È pensabile un approccio comune alla sicurezza impiegando una metodologia condivisa, indipendentemente dal contesto? Esiste una metodologia caratteristica del processo di sicurezza? Su quali fondamenti scientifici si basa questa metodologia?
In definitiva, esiste una scienza della sicurezza? Se sì, è applicabile utilmente alla sicurezza nei luoghi di lavoro?
Cercheremo di dare delle risposte a queste domande.
Cominciamo a constatare che la sicurezza, oltre ad essere un bisogno primario, è un requisito indispensabile di qualsiasi organizzazione efficiente.
Per ottenere questa efficienza, l’uomo prende decisioni, generalmente in condizioni di incertezza, cercando di massimizzare i vantaggi e minimizzare gli svantaggi. Nel farlo egli utilizza le proprie capacità intellettive. Queste, fra l’altro, gli consentono la possibilità di astrarre e modellare la realtà, a differenza delle altre specie animali il cui comportamento è determinato da paradigmi molto più semplici.
Il comportamento animale è infatti il frutto di un lungo processo evolutivo di adattamento, che offre ad ogni essere una maggiore probabilità di sopravvivenza e di propagazione della sua specie. In natura, tuttavia, non esiste il concetto di sicurezza: gli animali affrontano il pericolo su base più comportamentale ed istintiva che razionale. Ciò non li rende sempre consapevoli dei pericoli, nè protetti da eventi indesiderati, salve le difese caratteristiche della specie.
Per il contrario l’uomo ha concepito la sicurezza anche come valore astratto ed ha tentato nel corso della sua storia, con le proprie facoltà intellettive, di gestire e minimizzare i pericoli.
L’essere umano ha sempre curato, nel corso della sua evoluzione, la propria sicurezza, cercando di porsi al riparo da numerosi pericoli. Grandi progressi sono stati fatti, come ad esempio nel caso della scienza medica che ha sconfitto numerose malattie. Oggi, un viaggiatore che si muove da Roma ad Atene ha una probabilità di arrivare a destinazione molto maggiore rispetto ad un suo omologo di duemila anni fa.
Tuttavia, a ben vedere, la situazione è alquanto più complessa. La tecnologia ha contribuito alla sicurezza del genere umano ma, purtroppo, ha anche generato, talvolta, nuovi pericoli più rapidamente di quanto l’uomo sia stato capace di gestirli. Il caso del Talidomide e quello dell’impiego dell’amianto sono alcuni esempi.
L’intelletto umano ha generato pericoli non solo con la tecnologia. Anche l’ideologia, specialmente nelle forme più radicali, ha provocato, in molti casi, eventi letali e catastrofici cui abbiamo potuto assistere in diretta. Uno spinto economicismo non ha evitato tracolli finanziari e crisi epocali. Eventi sullo scenario geopolitico hanno modificato non solo i regimi ma anche i confini e il destino dei popoli.
La sicurezza è dunque diventata una esigenza sempre più fortemente necessaria per proteggersi non solo da eventi naturali ma anche da eventi di natura tecnologica, economica, sociale, politica, ideologica.
Nel tempo si è affermata più di una disciplina che si occupa di sicurezza. C’è n’è una per la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Ne esiste una per la sicurezza dei trasporti, un’altra per la sicurezza domestica. C’è chi si occupa di pubblica sicurezza, oppure della sicurezza dello Stato. Ma esiste anche chi cerca di garantire la sicurezza degli investimenti o quella informatica. Chi ha cura della sicurezza del paziente. Compagnie che assicurano dai rischi.
Sono discipline indipendenti una dall’altra? O possono essere ritenute facce di un unico poliedro?
Vedremo prossimamente la definizione degli elementi fondamentali della metodologia della sicurezza, metodologia che è comune a tutti gli approcci e vuole dimostrare che una metodologia comune è possibile, ma deve essere basata su metodi rigorosi e scientifici.
Tutte le discipline testé citate hanno – o dovrebbero avere – a fondamento la Scienza della Sicurezza.
Vedremo che Scienza della Sicurezza è “la scienza che studia gli stati indesiderati dei sistemi, al fine di prevenirli, o di mitigarne gli effetti”.
Tale definizione presuppone dunque la formalizzazione di “sistema” e di “stato indesiderato”.
Approfondiremo tutto questo nei prossimi articoli.
II- La Scienza della Sicurezza.
Tutte le applicazioni della Scienza hanno – o dovrebbero avere – a fondamento la Scienza della Sicurezza. Che si tratti di tecnologia, di trasporti, di energia, di ambiente, di ordine pubblico, di affetti (sì, anche degli affetti!), nessuna di queste discipline può prescindere da esigenze di sicurezza.
Definiamo Scienza della Sicurezza la scienza che studia gli stati indesiderati dei sistemi, al fine di prevenirli o di mitigarne gli effetti.
Tale definizione presuppone dunque la formalizzazione di “sistema” e di “stato indesiderato”.
Il sistema e i suoi stati
Riprendiamo la definizione di sistema da Antonio Ruberti e Salvatore Monaco, Teoria dei Sistemi [1]:
“Qualsiasi oggetto di studio che, pur essendo costituito da diversi elementi reciprocamente interconnessi e interagenti tra loro o con l’ambiente esterno, reagisce o evolve come un tutt’uno con proprie leggi generali.”
In termini matematici un sistema può essere ritenuto “un insieme di grandezze (elementi) assieme ad un insieme di relazioni tra esse”.
Ruberti definisce “sistema astratto” una coppia Σ:= {V,R} ove V rappresenta l’insieme delle variabili ed R rappresenta l’insieme delle relazioni tra le variabili.
Se una o più variabili del sistema evolvono nel tempo, il sistema astratto è un sistema dinamico e lo si esprime come:
S:= {T, W, Σ}
dove la presenza di T nella terna indica che una o più variabili del sistema appartengono all’insieme dei tempi.
La presenza di W indica la presenza di funzioni definite su T.
In questo caso il sistema si evolve anche in funzione del tempo ed è pertanto possibile pensare ad esso in termini di comportamenti e di stati in funzione di un determinato istante.
Se il sistema descrive un processo che ci è utile, è possibile ritenere che alcuni di questi stati siano “desiderati” mentre altri siano “indesiderati”.
Si pensi ad esempio ad una somma di denaro investita in titoli per un periodo prestabilito. Potremo ritenere che “stati desiderati” siano quelli relativi all’ottenimento di un montante, a fine periodo, almeno pari al capitale iniziale e “stati indesiderati” tutti gli altri scenari. Oppure, l’insieme degli stati indesiderati potrebbe anche comprendere quegli scenari in cui gli interessi non compensino la perdita di valore dovuta all’inflazione.
Appare evidente che la scelta degli stati desiderati sia soggettiva e possa essere definita a piacimento.
Il concetto di sicurezza di un sistema.
Definito il sistema, sorge la questione di definirne la sicurezza.
Di primo acchito potremmo pensare alla sicurezza di un sistema solo come una proprietà ad esso intimamente legata, potendo dunque noi distinguere, nell’ambito dei possibili sistemi, quelli “più sicuri” da quelli “meno sicuri”. Del resto, locuzioni come “sistema a sicurezza intrinseca” o “investimento sicuro”, di uso piuttosto comune, lascerebbero intendere che la sicurezza sia una qualità intrinseca di alcuni sistemi, particolarmente di quelli ben congegnati.
Tuttavia l’esperienza – e la Storia – insegnano che, al di là di errori nel ritenere “intrinsecamente sicuri” determinati sistemi (valga l’esempio del Titanic e di Chernobyl), definire la sicurezza solo come una proprietà dei sistemi non è sempre operativamente conveniente.
Come accennato all’inizio, una bella traduzione di Cyrano de Bergerac ci ha donato la poetica definizione di bacio come “apostrofo rosa fra le parole t’amo”. Ma se ci occupiamo di malattie infettive, questa definizione servirà a poco.
E’ dunque necessaria una definizione operativa efficace.
La necessità di definire operativamente grandezze e proprietà “… è un aspetto caratteristico dell’attività scientifica, al punto da costituire probabilmente la discriminante più sicura fra essa e altri generi di attività” . (A. Marradi, 1984).
Può dunque essere utile citare Ugo Amaldi:
“La scienza compie osservazioni e misurazioni. Esse permettono di valutare e di comunicare agli altri le proprietà del sistema studiato. A questo scopo è necessario individuare delle caratteristiche misurabili che risultino particolarmente utili. Tali caratteristiche sono le grandezze fisiche.
Esempi di grandezze fisiche sono la lunghezza, la durata, la velocità, la temperatura, l’energia. Il significato fisico di ciascuna di queste parole è fissato da una definizione operativa.
La definizione operativa di una grandezza fisica consiste di due parti:
• la descrizione degli strumenti necessari per misurare la grandezza;
• la determinazione di una procedura non ambigua (detta «protocollo») con cui utilizzare gli strumenti di misura.
Sulla base di una definizione operativa, ricercatori diversi che si trovano nelle stesse condizioni ottengono, per la misura della stessa grandezza, lo stesso risultato. Così gli scienziati sono in grado di concordare sul fatto che i dati raccolti sono corretti.”
Possiamo convenire che la sicurezza non sia una “grandezza fisica” ma è indubbiamente suggestiva la prospettiva di “misurare” la sicurezza in modo che soggetti “diversi che si trovano nelle stesse condizioni ottengono, per la misura della stessa grandezza, lo stesso risultato”.
In matematica, più semplicemente, si ha una definizione operativa, o costruttiva, di un ente quando è indicato il procedimento atto a determinarlo.
Sarà dunque opportuno fornire una definizione operativa di sicurezza; ne seguirà una di rischio e, nel processo definitorio vedremo emergere alcune interessanti proprietà che saranno utili nel processo decisionale in condizioni di incertezza.
Definizione di sicurezza di un sistema. Postulati della sicurezza.
Definiamo sicurezza di un sistema:
“La conoscenza che un sistema non assumerà stati indesiderati”
Tale definizione operativa, la cui utilità sarà illustrata in seguito, deriva dal fatto che il concetto di sicurezza è fortemente legato allo stato di conoscenza, intesa come conoscenza di tipo scientifico, di un osservatore.
Pensiamo ad esempio ad una situazione banale: entriamo in un ambiente dove si sente un forte odore di gas. La maggiore o minore sensazione di sicurezza, o di insicurezza, in un contesto del genere dipende da quanto “ne sappiamo” sulla situazione. Molto probabilmente saremo allarmati finchè qualcuno, magari, ci dirà che in quell’ambiente era presente una bombola di gas vuota che è stata rimossa (ma tanto basta a lasciare un forte odore di gas). Il nostro giudizio sulla “sicurezza” della situazione varierà da “non sicuro” a “sicuro” semplicemente sulla base della variazione del nostro livello di conoscenza.
Lo stesso termine “sicurezza”, nelle lingue neolatine, è sinonimo di “certezza”. Siamo “sicuri” quando siamo “certi”. Certi che non accadrà nulla di indesiderato.
Ciò è in linea con una pratica comune: in assenza di informazioni, le situazioni dovrebbero essere giudicate non sicure. Questa non è altro che la prudenza.
L’asserto:
“in assenza di informazioni, i sistemi devono essere giudicati non sicuri”
dovrebbe essere considerato il primo postulato della scienza della sicurezza, ed è coerente con la definizione che daremo.
Assumiamo dunque la seguente definizione operativa:
Sicurezza di un sistema è la conoscenza che un sistema non assumerà stati indesiderati.
Si noti che il termine “conoscenza” implica una conoscenza di tipo scientifico, basata dunque sui pertinenti requisiti della scienza. Uno degli elementi essenziali affinché una conoscenza possa essere ritenuta scientifica, come richiesto dall’epistemologia e dalla filosofia della scienza, è la sua possibilità di essere dichiarata vera mediante un opportuno procedimento (ad esempio, la ripetibilità dei fenomeni sotto le medesime condizioni). Inoltre, la scienza si propone di pervenire a una conoscenza sia qualitativa che quantitativa dei fenomeni osservati formulando teorie, descrittive dei fenomeni, aventi capacità predittive.
Una concezione scientifica della sicurezza.
Se la sicurezza del sistema è funzione della sua conoscenza, non si può certamente prescindere dagli elementi costitutivi del sistema esaminato.
La “non conoscenza” dei possibili stati ed eventi di un sistema molto elementare difficilmente porterà a valutazioni di pericolosità più rilevanti di quelle relative alla quasi perfetta conoscenza di un sistema molto più complesso che può dar luogo a stati e ad eventi di magnitudo più rilevante rispetto al sistema elementare.
La sicurezza dipende pertanto, evidentemente, sia dallo stato di conoscenza dell’osservatore sia dalle caratteristiche del sistema.
Quindi la conoscenza, che un sistema non assumerà stati indesiderati, deve essere interpretata come “certezza basata su evidenze oggettive”.
Come conseguenza, poichè la “certezza totale” su tutti i possibili stati di un sistema non è possibile, ne consegue che la sicurezza totale è impossibile da ottenere.
Il secondo postulato della scienza della sicurezza è pertanto:
“la sicurezza totale è impossibile”
In altri termini, il rischio zero non esiste.
E qui, finalmente, introduciamo il concetto di rischio. Per un approccio sistematico e scientifico alla sicurezza vedremo nel prossimo articolo che per definire operativamente il rischio è necessario dare una definizione operativa al pericolo. Da qui emergeranno risultati molto interessanti. Per stuzzicare la vostra curiosità, vedremo che il rischio è una misura con una sua propria unità di misura.
Vedremo anche che esistono modi alternativi e più affidabili per la valutazione del rischio, secondo l’espressione R = P X D, mediante indici, con l’uso delle cosiddette “matrici di rischio”, molto diffuse in Italia per la valutazione dei fattori di rischio nei luoghi di lavoro.